martedì 29 novembre 2011

Per chi è in attesa

Solo chi ha vissuto l'attesa, può capire cosa vuol dire.
Una vita non vita questa è l'attesa,
un'angoscia perenne
un sorriso sulle labbra con la tristezza dentro,
un non pensare, ed invece puntualmente
ogni tanto quel pensiero si fa strada
e rimbomba nella tua mente.
Giorni tutti uguali, pieni di speranze
che alla sera perdi, un altro giorno passato.
Il tempo passa e tu quel tempo
non ne hai molto.
Sei un naufrago aggrappato ad un pezzo di legno
in un mare in tempesta,
ma non mollare mai quel legno che ti tiene a galla,
nemmeno quando pensi di non farcela più;
allora stringi i denti e stringi ancora di più il legno.
Il cielo è sempre più buio, il mare si agita sempre più,
ma proprio allora.......
squilla il telefono, il cuore batte come un tamburo impazzito
la paura ti prende alla gola,
tremi come una foglia
il viaggio in ospedale....
guardi
come se fosse l'ultima volta il paesaggio
che ti circonda.
Poi tutto è una corsa, gli esami, la tak, è tutto pronto
allora pensi al tuo angelo
e cominci a ringraziarlo,
il buio non c'è più è spuntato l'arcobaleno, il mare è calmo.
ora dormi, ti svegli pieno di tubi e fili, sorridi
stavolta il sorriso è vero
il più è fatto, il tuo angelo è dentro te
e non ti abbandonera più.
La vita riprende a scorrere nel tuo corpo.
( Luciana Favuzzi)
.

Mariarosaria Gallo.... la mia storia


Eravamo nel settembre del 75’ . Io appena 13enne.
Quella sera mi addormentai con il futuro negli occhi e la voglia di vita.
Quella che tutte le adolescenti sognano e progettano.
Al risveglio mi sentì avvolta da uno strano malessere.
Mia madre fu la prima a vedermi in quelle condizioni.
Ero tutta gonfia. Dal viso ai piedi.
Subito il medico di famiglia ordino il ricovero.
Era uno dei primi.
Da li in poi  la mia vita fu condizionata da numerosi mesi trascorsi in ospedale.
Una dottoressa avvolta nel suo camice bianco mi avvicinò .
La diagnosi  fu un verdetto per la mia giovane età:Glomerulonefrite con sclerosi focale.
La mia vita cambiò direzione ..
Da ragazzina sana,allegra e solare,mi vidi catapultata nel mondo della malattia.
Del dolore fisico e mentale.
Fui costretta alla violenza di terapie come il cortisone,che alteravano il mio aspetto fisico.
La  mia immagine fu portata via.
Per anni non mi volli accettare .
Avevo imparato  a convivere con la malattia .
Tra controlli ospedalieri,farmaci e biopsie,tutto divenne parte integrante  del mio modo di vivere!
Privata dell’innocenza dell’età,trafitta da aghi e da occhiate spesso indiscrete,vivevo la mia vita piena di domande senza risposte.
Estate del 81. Avverto nella  notte  un senso di soffocamento.
Non riesco a respirare .
Nemmeno l’aria fresca della notte mi permetteva far entrare aria nei miei polmoni.
Dopo qualche ora,mi trasportarono in un grande ospedale della città.
Entrai in coma uremico.
Ricordo che al risveglio mi trovai in una sala operatoria.
Mio corpo su un lettino gelido , rigido senza alcun cuscino.
Mi  spalmarono  un liquido marrone .
Mi stavano preparando per la dialisi,tagliando il mio braccio per confezionar la fistola per la dialisi.
Un  nefrologo,mi spiego che la gravità delle mie condizioni non lasciava spazi alla speranza.
Gli indicatori della perdita definitiva della funzione renale erano chiari irrimediabilmente .
Mi aspettava la dialisi. L’appuntamento con lei ,tre volte alla settimana era tassativo…..
In quel momento, sentivo la mia vita sbriciolarsi tra le mani.
Bussai alla porta del futuro. Lo supplicai ma lui girò il suo volto triste dall’altra parte.
Mi si negava una vita  “ normale “.
Mi presentò un'altra fatta di sedute dialitiche, dove avrei affidato la mia sopravivenza a un rene artificiale!
Fu difficile appena 18enne, sentirmi inabile in ogni mia azione.
Mi mancava la libertà . La normalità. La voglia di poter scegliere il mio tempo senza essere condizionata da turni dialisi o malori improvvisi.
Mia madre vedendo che ogni giorno mi spegnevo dentro, decise di donarmi suo rene.
Andammo a Lione (F) per fare la tipizzazione, ma l’esito fu negativo.
Mamma era portatrice di un problema vascolare che serrava la porta della donazione.
Ultima chance restò quello del trapianto da cadavere.
Dopo otto lunghi anni di dialisi, dove vidi passare estati e primavere cercando di raccogliere spiccioli di felicità, lunghi autunni e gelidi inverni,
 una  notte del 21Maggio del 88,arrivo una telefonata da Lione .
C’era un rene disponibile per me.
Si spalancarono le porte della mia vita.
Questa volta il liquido marrone che mi spalmavano sul mio corpo ,la luce intensa della lampada che illuminava la sala ,
 cosi vicino al mio martirizzato corpo paradossalmente sembravano come se fossero avvolti di buon augurante simpatia .
E il  trapianto andò a buon fine.
Passarono  2 anni dal trapianto e mi sposai con un ragazzo che avevo conosciuto 4 anni prima .
Nel 91 nacque il nostro primo bambino .
Etienne fu il nome scelto per lui, in ricordo del mio giovane donatore che proveniva da S. Etienne. 
E dopo quattro anni ancora , nacque Emanuela.
Nel 2002 il rene donatomi aveva compiuto il suo percorso. Sono costretta alla dialisi di nuovo.
Questo ritorno in dialisi, fu più drammatico della prima volta .
Firenze 2004 . Ospedale Careggi.
 Vengo trapiantata per la seconda volta.
Oggi sto bene. !
Con la donazione io sono rinata e due vite sono nate .
I miei donatori? Sono parte di me .
Attraverso i miei figli, il loro ricordo, vivrà per sempre.
Mariarosaria Gallo.
Mariarosaria Gallo.

domenica 30 ottobre 2011

Un appello

 Sono Maria Grazia e sono stata trapiantata ad Udine il 29/10/98 ma la morte del mio donatore è avvenuta il 28/10/1998, sono stata contattata dall'Ospedale S. Maria della Misericordia di Udine la sera di quel  dì alle 19.30. Del mio donatore non conosco quasi nulla tranne che era un ragazzo giovane ed alto. Se un familiare leggerà questo appello chiedo dopo tanti di poterli conoscere e ringraziare, anche solo telefonicamente.

Autorizzo la redazione a pubblicare questo mio appello


Maria Grazia Lo Nigro
via maestri del lavoro, 50
90124 Palermo tel 0916170559- 3286125760

sabato 22 ottobre 2011

AL MIO ANGELO (scritta il 14/10/2011)

             

 Sono 18 giorni che hai la tua mano
nella mia e non mi lasci.
Non so chi eri,
non so quanti anni avevi,
non so se eri un uomo o una donna.
So solo che ora
ho due angeli con me;
il mio angelo custode,
che mi segue dalla mia nascita,
e tu che sei con me da 18 giorni.
Tu che mi hai ridato la vita,
tu che non smettero mai di ringraziare,
tu che non mi lasci mai sola.
Non so cosa poterti dare,
vorrei darti la vita che desideravi
e spero  di riuscirci.
Ti prometto però,
che prima o poi troverò
i tuoi parenti
e che li ringrazierò e consolerò
magari strappando loro un sorriso.
Vivro anche per te
aiutando gli altri,
donando amore
perchè non c'è dono più grande
che donare amore.....
e un domani, quando sarà giunta la mia ora
anche i miei di organi salveranno altre vite.
Grazie Angelo mio,
grazie ai tuoi parenti, che siano fieri di te,
e Vi prego non piangete
perchè parte di lui/lei
vive in me.
(Luciana Favuzzi)

lunedì 12 settembre 2011

La mia storia...



Avevo poco più di 14 anni quando un violentissimo mal di testa mi ha costretta a letto 3 giorni completamente priva di forze. I successivi accertamenti hanno portato alla luce che ero nata con solo mezzo rene... è iniziato il lungo cammino che 5 anni dopo mi ha portato alla dialisi e all'iscrizione in lista d'attesa per un trapianto. Ho iniziato con la dialisi peritoneale, ma poco dopo il cuore ha cominciato a dare strani segnali e si è scoperto un malfunzionamento della valvola mitrale. Passavano i mesi e continuavano le indagini cardiologiche sempre più approfondite... ad agosto dell'anno dopo sono stata costretta a passare all'emodialisi per ripetuti attacchi di peritonite e nello stesso mese i cardiochirurghi del Sant'Orsola hanno fatto un piccolo miracolo e sono riusciti a ricostruirmi la valvola. Tra settembre e novembre sono stata operata altre 3 volte per riposizionare il catetere peritoneale che proprio non ne voleva sapere di funzionare. L'8 dicembre dello stesso anno, ricominciata da una settimana la dialisi peritoneale con mille problemi, è arrivata la tanto attesa telefonata. Sono uscita dall'ospedale la vigilia di Natale con il più bel regalo che mi potessero fare: una vita da vivere. I primi mesi sono stati difficili, il cuore ancora risentiva della quasi inesistente riabilitazione dopo l'intervento e il mio sistema immunitario in un paio di mesi era quasi azzerato, tanto da richiedere un ennesimo ricovero per ridurre i rischi e capire cosa stava succedendo. Per fortuna l'ematologo ci ha visto giusto e riducendo la terapia la situazione pian piano si è normalizzata, ma fino ad allora quanta paura!

Il resto della storia è un grande amore di più di otto anni finito, una laurea, una laurea magistrale ancora in cantiere, uno stage in Ducati finito il quale ho iniziato il mio primo vero lavoro, un nuovo amore arrivato all'improvviso, l'impegno attivo con l'ANTR e finalmente, dopo tanti anni, il coraggio di conoscere la famiglia del mio angelo...
Il resto della storia, però, è anche fatto di giorni no, di controlli che a volte vanno un po' così e allora occorre aggiustare il tiro, di sintomi nuovi che ogni tanto compaiono e a cui bisogna dare una spiegazione e magari un rimedio, di ansia e paura per un futuro incerto.
Il resto della storia è fatto anche di quelle 13 pastiglie che ogni giorno mi permettono di essere viva...
Il resto della storia è che, nonostante tutto, non cambierei una sola virgola della mia vita...
Grazie Giulia...

Roberta Zioni

sabato 20 agosto 2011

La storia di Camilla

 Oggi vivo e vivo con te, caro Alessio.
Sono Camilla, una ragazza di 19 anni che vive a Carbonia.   
Da bambina ero molto vivace e spensierata e mai avrei creduto che nell' ottobre del 2001, eseguendo una semplice analisi del sangue,sarebbe improvvisamente cambiata la mia vita.Da quel giorno, ho sorpreso spesso i miei genitori piangere di nascosto;sapevo che piangevano per me, ma ignoravo il perchè.Mi dicevano che per un po' sarei dovuta andare a fare delle visite in un ospedale di Cagliari ed io, assolutamente tranquilla, ho "accolto" la notizia con serenità, perchè sapevo che stavo bene e nessuno avrebbe potuto affermare il contrario.Invece passarono settimane,mesi e i medici mi diagnosticarono una epatite autoimmune: i miei anticorpi, per cause sconosciute tutt'oggi, aggredivano il mio fegato,riconoscendolo come elemento estraneo al mio corpo.Da quel giorno, decisero che dovevo assumere massiccie dosi di cortisone e altri farmaci che alleggerivano ma non placavano l' attacco degli anticorpi verso il fegato.
Ho iniziato a capire che non sarei più guarita perchè i mesi passavano e nessun medico mi diceva che potevo sospendere quella terapia che mi indeboliva, mi faceva ingrassare e mi faceva crescere peluria in tutto il corpo.Ho sofferto tanto da piccola, perchè di colpo mi ritrovai come in una prigione, dove mi privavano della mia vitalità; e poi, a scuola sentivo che qualche compagno mi prendeva in giro perchè ero diventata robusta e avevo spesso bisogno di dormire.
La mia vita durante il periodo delle scuole medie era abbastanza tranquilla:avevo compagni che mi accettavano per quella che ero e poi ormai mi ero abituata a quello stato di apatia che la malattia mi provocava.
Compiuti i 14 anni entrai alle superiori, al liceo Classico. Ho scelto questa scuola sia perchè predisposta alle materie umanistiche, ma soprattutto perchè già da qualche anno pensavo che se nessuno aveva ancora trovato la cura al mio male, forse potevo essere io perlomeno a trovare un qualche farmaco che mi avrebbe fatto stare meglio.
Invece quell' anno del 2007, accadde qualcosa di imprevisto: verso gennaio iniziai ad avere dei collassi, a impiegare mezz' ora per un tragitto che prima facevo in dieci minuti al massimo;ma non mi preoccupavo pensando fosse lo stress scolastico.
Ma, il 10 febbraio, mi mancarono completamente le forze, non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto.Fui ricoverata d' urgenza al Maciotta di Cagliari, dove da anni ero seguita.
Di quell' anno ricorderò sempre il mio 15esimo compleanno, il 12 febbraio, passato da sola in ospedale, con la consapevolezza che molto probabilmente sarebbe stato l' ultimo.
Dopo qualche giorno di dimissione dall'ospedale,a marzo mi ricoverarono al Brotzu di Cagliari per ulteriori e più approfonditi accertamenti.E se i miei anni di malattia erano sempre stati caratterizzati da una certa forza interiore, quando la situazione degenerò, arrivai alla rassegnazione: sapevo che non avrei vissuto a lungo ed è una sensazione bruttissima a 15 anni sapere che devi morire e non avrai mai un lavoro, una casa, una famiglia, non ti innamorerai,non invecchierai.
Ma poi.... ecco la notizia che forse mi poteva restituire un briciolo di speranza: una giovane dottoressa che mi seguiva al Maciotta mi disse "Sai che c'è la possibilità di un trapianto?"
Incontrai, insieme ai miei genitori, il dr.Fausto Zamboni, primario del centro trapianti. Mi disse che avrei eseguito gli esami di routine per l' idoneità dell' inserimento in lista d' attesa a giugno o luglio.
Passarono tre interminabili mesi, in cui ogni notte avevo paura di dormire perchè non ero sicura di svegliarmi al mattino. Arrivò il momento di eseguire le visite e finalmente mi inserirono in lista d' attesa.Mi rimaneva soltanto di aspettare la chiamata dalla caposala Vincenza che mi diceva "Camilla, c'è un fegato per te"
Era il 25 agosto 2007 quando quella chiamata arrivò.Avrei eseguito il trapianto il giorno dopo.Quella, fu la prima notte in tanti anni, in cui dormii serenamente: perchè sapevo che dal giorno dopo non avrei più dovuto sopravvivere, ma avrei VISSUTO.
Il risveglio dopo il trapianto fu caratterizzato da dolori atroci, ma riuscivo a sopportarli perchè per la prima volta riuscivo a sentirmi completamente libera...
Ho saputo di Alessio, il mio donatore,il giorno dopo il trapianto.Ho pianto perchè aveva la mia stessa età e meritava anche lui di vivere...
Ho deciso di farti vivere con me Alessio. Mai potrò dimenticarmidi te e di quel 25 agosto 2007,giorno in cui solamente sette piani ci dividevano; eravamo così vicini ma così lontani perchè non sapevamo ancora che i nostri destini si stavano per incrociare e mentre io mi preparavo ad una nuova vita tu te ne andavi via per sempre..è stato difficile accettare il fatto che una giovane persona stava per cedermi le sue ali,ma tu sai,caro Alessio,che sin dal primo istante,ho promesso di vivere anche per te...
Grazie all' incredibile gesto di solidarietà che è la donazione degli organi, oggi sono tornata ad essere spensierata come quando ero bambina, ho scampato la morte grazie a chi ha scelto di non sepellire gli organi di un angelo, ma di farlo vivere in qualcuno che se ne stava andando...
A un passo più in là ci sono tante altre persone, un' altra Camilla che non può sperare in un futuro se qualcuno non trasformerà la fine della vita in un nuovo inizio.Non rendere vana la morte,dalle un senso,sappi che donando gli organi salverai tante vite. 
Do il consenso a pubblicarla su questo sito.

domenica 31 luglio 2011

L'ATTESA

Un altro giorno inizia,
 ringrazio Dio
che mi da la possibilità
di viverlo.
Mi alzo da letto, vado in bagno,
mi lavo, mi guardo allo specchio
e sorrido.....
ho dei capelli bianchi
dovrei farmi la tinta,
ma non ne ho molta voglia,
poi mi dico su Luciana
non trascurarti.
Vado in cucina,
preparo la colazione,
chiamo Carlo,
Leo (il mio cane) mi segue
come un'ombra e scondinzola;
 si sveglia Stefania
e solare come la
maggior parte dei giorni
mi dice: ciao mamma tutto bene?
Sfoderando il suo bellissimo
sorriso
eh si è proprio bella
specialmente quando sorride.
Leo va verso la porta
e porta il suo guinzaglio
vuole andare giù,
scoppiamo a ridere
e lui ci guarda
spostando la testa da un lato,
come volesse dirci: ma cosa c'è da ridere?
Suonano al portone
è arrivata mia madre
entra sorridendo anche lei,
per fortuna non ha più
la faccia addolorata
che aveva all'inizio
della mia malattia, anche se so,
che a casa sua prega per me
e il suo pensiero
è sempre rivolto a me.
Comincia a muoversi
come una saetta
la guardo e penso
" Che strana la vita,
lei ha 76 anni e mi accudisce
ancora come fossi una bambina,
quando dovrei essere io
ad aiutare lei
nelle pulizie della casa".
Squilla il telefono
il mio cuore batte forte,
come un allarme impazzito
 e se fosse l'ospedale?
Rispondo con paura,
ma anche con tanta speranza,
no è mia zia
sorrido.
 Il giorno corre come sempre e monotono
ormai i giorni sono tutti uguali
come i granelli di un rosario.
Arriva la sera...
la cena, la tv e a letto,
sorrido ancora non ho mai riposato
tanto in vita mia
come da 2 anni a questa parte.
Prima di addormentarmi
 ringrazio gli angeli donatori
 e spero con tutto il cuore
 che per qualcuno
 sia arrivata la famosa telefonata.
Poi dico a me stessa
che arriverà il mio di angelo,
ora non è ancora il momento
e mi addormento
con un sorriso e una speranza.
Vivere nell'attesa
non è facile,
ma se impariamo a convivere
con l'attesa
tutto ci sembrerà più bello
e meno doloroso,
perciò amici miei
sorridete alla vita
 e prendete sotto braccio l'attesa
come fosse una cara amica
 perchè prima o poi
anche il vostro angelo
arriverà e vi farà volare
verso la vita.

( Luciana Favuzzi)

sabato 30 luglio 2011

La storia di Paola

Ciao a tutti  mi chiamo Paola e sono di Castellammare di stabia (na).
A 21 anni mi sono sposata per crearmi presto una famiglia….a 22 e mezzo avevo la mia prima figlia  Ida,e dalla gravidanza che e’ iniziato tutto,perche’ i medici pensavano ad una gestosi , invece no. Perche’ dopo partorito ,la mia vita e’ stata divisa tra famiglia ed ospedali.Poi  scoprirono la causa e che i miei reni ormai andati   era stata una mononucleosi da piccola….A 30 anni sono stata sottoposta a trattamento dialitico…..(ringraziando Dio x l’esistenza di quelle macchine e continuare a vivere la mia vita).Io non mi sono mai arresa e dopo 4 anni di dialisi il mio buon Dio mi dono un secondo figlio Emanuele,anke se dovevo fare dialisi tutti i giorni ero troppo felice x pensare ad altro….e ne parlarono anke i giornali locali x dare speranza ad altre persone ,perche’ nella malattia si perde di vista la normalita’ ,anke se non sempre e’ facile ma avere la forza di vivere la propria quotidaneita’ e bellissimo…..E finalmente dopo 7 anni di dialisi e’ arrivato il trapianto …Oggi dopo 3 anni dal trapianto dico grazie a quanti credono e alle famiglie ke in un momento tragico della loro vita pensano anke alle nostre vite…..grazie di cuore e grazie ai nostri angeli.

venerdì 29 luglio 2011

La storia di Fabio

 
Quando vieni al mondo, La Vita è: ...Gioia
Quando cresci, La Vita è: ...Speranza
Quando raggiungi la meta, La Vita è: ...Certezza
Quando arriva la malattia, La Vita è: ...Sconforto
Quando la combatti, La Vita è: ...Delusione Quando non ce la fai più, La Vita è: ...Fede
Quando sei alla fine, La vita è: ...
Padre Pio Quando torna la luce, La Vita è: ...Padre Pio Quando preghi Padre Pio: ...La Vita è....
 Mi chiamo Bernardeschi Fabio e ho fatto il Trapianto di Cuore il 10 luglio 2000
questa poesia l'ho scritta mentre ero da solo nella stanza e, ripensavo a quello che avevo passato e al trapianto effettuato alcuni giorni prima.
Credo che quello che ho scritto, riassumi la vita vissuta.
 Ma c'è una cosa che vorrei dire a TUTTI:

                                                    LA  VITA  E'...      DONARE ...   DONARE...   DONARE...
                                                           DONARE  E'  VITA....
autorizzo a pubblicare tutto, Grazie

lunedì 25 luglio 2011

La storia di Sabrina


Nell’estate del 1983 ero una piccola bambina di 6 anni, ricordo molto bene quel periodo poiché iniziarono a farsi sentire i primi sintomi della mia malattia. Ero sempre stanca, avevo mal di gola e appena bevevo andavo subito in bagno. Sono stata ricoverata in ospedale per molto tempo ma nessuno capiva quello che mi stava accadendo finché nel dicembre sempre del 1983 mi venne una forte broncopolmonite e mi ricoverarono di nuovo. Ricordo che mi fecero un’infinità di flebo ed alla vigilia di Natale, il giorno più brutto della mia vita scoprirono  la mia malattia ( insufficienza renale cronica in fase terminale ) anche se era ormai troppo tardi. Me ne stavo andando in Paradiso ma e forse proprio quella notte Gesù bambino fece il miracolo permettendomi di continuare a vivere . E così iniziai a fare la dialisi, ero la più piccola di tutti e i primi mesi piangevo in continuazione quando gli infermieri dovevano inserire i due aghi nella fistola ( una grossa vena all’avambraccio ) 
Andavo a Milano tre volte la settimana per sottopormi a dialisi poiché qui a Bergamo i bambini non venivano accettati. A causa di questa mia “malattia” non frequentai la scuola dalla prima alla terza elementare anche se successivamente sono sempre stata promossa .
Ancora ricordo che dopo pochi mesi dall’inizio della dialisi, avevo iniziato a non mangiare più e così fui ricoverata altri tre mesi a Milano dove i medici mi davano molte flebo di acqua zuccherata per farmi vivere.
Ricorderò per tutta la vita il primario che ogni giorno mi diceva:” Se vuoi andare a casa a giocare devi mangiare se no i tuoi giocattoli e la tua bambolina piange”
Con il trascorrere del tempo iniziai pian piano a mangiare e dopo un paio di mesi tornai a casa.
Successivamente mi chiamarono due volte per il trapianto ma in entrambi i casi avevo l’influenza e quindi non era possibile effettuarlo.
 Il 23 marzo 1986 era una domenica e quella sera, con tutta la mia famiglia, ero andata a festeggiare il compleanno di mio nonno. Appena giunta a casa suonò il telefono : rispose mia mamma alla quale dissero che a Parigi c’era un rene che mi aspettava. Ero felicissima poiché mi avevano spiegato un po’ cos’era il trapianto ed i benefici che avrei avuto dopo. Non vi dico l’agitazione di quella sera...
Siamo partiti alla volta di Milano dove mi hanno fatto la dialisi e poi con l’aereo militare messo a disposizione per questi casi urgenti, mi hanno portata a Parigi all’Hospital Necker. Una volta giunta, i medici mi fecero diversi esami fino a che, alle 15.00 del 24 Marzo sono entrata in sala operatoria per poi uscirne alle ore 21.00 dopo ben 6 ore.
Quando veniva mia mamma a trovarmi, vestita con camice, cuffia, copri-scarpe e mascherina ero molto contenta  che dalla gioia mi mettevo sempre a piangere...
Una volta uscita dalla camera sterile mi hanno portata in un altro reparto con altre due bambine..
Dopo circa tre mesi tornai di nuovo a casa. La felicità che ho provato in quel momento è inspiegabile anche se qualche settimana più tardi fui di nuovo ricoverata a Milano per un breve periodo. Ricordo quando sono venuti a trovarmi mia sorella  e mio fratello il quale il quale mi ha portato il suo cappello da alpino: che gioia!
Seguirono 4 anni molto tranquilli dopo di che ho ricominciato ad avere problemi a causa delle medicine che prendevo…

 Dopo un periodo di buona salute, nel 1995  dopo 9 anni di trapianto ho ricominciato la dialisi.
Facevo la dialisi peritoneale
Io avevo la macchina a casa , mi preparavo tutto poi mi attaccavo la sera quando andavo a dormire , per circa 10 ore il liquido entrava, rimaneva 15 minuti per poi uscirne andando a finire in un bidone.

E’ stato il periodo più difficile perché erano accadute troppe cose negative insieme che mi avevano fatto capire per la prima volta che stavo crescendo ma che la mia vita doveva fare i conti con il mio stato di salute.
Seguirono anni di grande sofferenza e disturbi fisici di ogni genere.
persi  fino a 10 kg di peso!
Ma…

Proprio nel giorno di gennaio 1999 quando   avvenne l’eclissi di luna giunse a casa una telefonata : era Barbara  , l’infermiera della dialisi peritoneale la quale mi riferì che era arrivato un rene  e lo stavano esaminando per verificare se ero idonea  ... dovevo attendere ancora la chiamata del medico per la conferma definitiva che quel rene era funzionante. E fortunatamente la telefonata arrivò: non ci sono parole per descrivere la gioia, l’emozione, vi posso dire che fino a quando non mi sono trovata in sala operatoria non riuscivo a crederci ed ora sono qua a raccontarvelo .

 Purtroppo so che molte persone in dialisi, molti miei amici stanno ancora aspettando e spero che anche per loro arrivi il momento del trapianto perchè ne hanno bisogno.
Sabrina

martedì 19 luglio 2011

L’Amore di Antonietta.

Vorrei raccontare la storia di mia sorella Andy come la chiamavo io amorevolmente.

Era giorno 10 ottobre 2006 mattina, suona il telefono, era mia sorella che mi comunica di essere
passata in ospedale per il ritiro della risonanza di controllo che aveva fatto. La sua voce era serena ma
il sangue mi gelò nelle vene perché una sensazione forte assalì il mio corpo. Mi disse che secondo lei la
sua patologia (astrocitoma) era peggiorata . Leggendomi telefonicamente il referto medico capì subito
che era il momento di prepararci al peggio. Volle parlare di quando lei non ci sarebbe più stata, voleva
farmi promettere che mi sarei presa cura io delle sue due figlie di 3 e di 9 anni. Non potevo fare questa
promessa perché avevano un padre e non era giusto separare le bambine da lui e poi non me l’avrebbe mai
permesso. Non potevo piangere al telefono lei non voleva che ci disperassimo poiché il suo pensiero era
quello che tutti dobbiamo morire e tutti lasceremo questa terra, a lei era toccato di lasciarla a solo 34 anni
ed era pronta ad accettarla. Il giorno dopo mi arriva la telefonata da mio cognato che in modo sereno mi
comunica che mia sorella era stata portata in ospedale perché non si era sentita bene. Aspetto notizie più
chiare fino a notte fonda per partire, ancora una volta toccava a me comunicare ai miei genitori la notizia di
tenersi pronti a partire. Finalmente la notizia che lei stava bene e che si era ripresa nulla da preoccuparsi.

12 Ottobre 2006 ore 07:00

Squilla il telefono, la frase preparatoria: Non so cosa è successo a tua sorella ci sono un sacco di medici
intorno a lei, ti faccio sapere più tardi.

Ore 07:30 ancora il telefono che squilla.

‘’Antonietta non c’è più’’. In un secondo come in un film ho ripercorso la vita insieme con lei, sentì per
un attimo il cuore fermarsi e con un urlo disumano capì che lei non c’èra più che non l’avrei più rivista e
sentita, ero rimasta senza mia sorella. Non riuscendo più a parlare riagganciai il telefono . Ora era ancora
più dura della volta scorsa che comunicai ai miei genitori che la loro figlia aveva un tumore celebrale.
Ora dovevo comunicare che la loro figlia era volata in cielo con un bel paio d’ali dorate. Ho capito che
un genitore percepisce subito quando il proprio figlio passa un pericolo, infatti piangendo dissi a mio
padre :dov’è mamma? Avevano capito tutto, ora lei non c’èra più. Il mio cuore non sentiva il distacco
completo una voce in fondo al cuore mi sussurrava che lei era ancora viva. Ritelefonai a mio cognato
chiedendo la smentita di quello che lui mezzora prima mi aveva detto, non potevo credere che lei era
morta, non così.

Infatti, il mio intuito non mi aveva tradito: era in coma irreversibile. Ora cercare un volo per arrivare a
Ravenna sarebbe stato un’impresa, ma fu una fortuna trovarlo subito. Arrivati in ospedale, al reparto di
rianimazione e vederla dal monitor tutta intubata fu uno shock per tutti. Chiedemmo di far intervenire
il cappellano dell’ospedale, doveva avere l’estrema unzione. Fu allora che il medico ci chiese il consenso
a espiantare gli organi. Insieme io e i miei genitori senza pensarci dicemmo si, ma quel si doveva essere
detto dal marito. Lui stesso ci ricordò che mia sorella avrebbe voluto così poiché ne parlava sempre. A lei
una volta morta non sarebbero serviti i suoi organi e che era un peccato farli marcire sotto terra, quando
poteva salvare la vita a qualcuno. Allora il si fu completo e quando l’attività celebrale( ore 20:00 del 12/
10/2006) si spense allora l’osservazione iniziò. Un’equipe dagli ospedali Riuniti di Bergamo vennero per il
cuore, per il fegato invece da Bologna. Espianto avvenuto tra la notte del 12 e 13 ottobre 2006 all’ospedale
di Ravenna. Sono stati prelevati e trapiantati il fegato e il cuore che hanno salvato la vita a due persone,

rispettivamente un uomo che nel 2006 aveva 50 anni e una persona (non siamo a conoscenza del sesso
poiché è stata trapiantata in Lombardia) che oggi ha 45 anni. Entrambi stanno molto bene e, grazie al dono
di mia sorella, hanno potuto avere una speranza di vita.

Ora non ci rimane che attendere di poter sapere chi sono queste persone che grazie alla mia Andy possono
ancora assaporare la vita.

Do il mio consenso a pubblicare la mia storia su TRAPIANTI…….. IL DONO DELLA VITA.

Grazie, per aver letto la storia della mia amata sorella.

martedì 12 luglio 2011

PERCHE' DONARE GLI ORGANI DI UN PROPRIO CARO

                 



ERAVAMO UNA BELLA FAMIGLIA  DI QUATTRO PERSONE IO, MIA MOGLIE E I MIEI DUE FIGLI.
UNA FAMIGLIA COME TANTE..
MIA FIGLIA FREQUENTAVA  LA SCUOLA DI MATURITA .
L'ALTRO MIO FIGLIO, DOPO AVER OTTENUTO  UN ATTESTATO PROFESSIONALE
E TROVATO LAVORO AL NORD ITALIA E' ANDATO VIA PER LAVORARE SU AL NORD..
ERAVAMO UNA FAMIGLIA CONTENTA ,  STAVO PER RAGGIUNGERE IL MIO SCOPO DI SISTEMARE  I MIEI DUE FIGLI.
MIA FIGLIA AVEVA FREQUENTATO,ANCHE  UN CORSO DI  INFORMATICA.
AVEVA BISOGNO DI UN COMPUTER  E IO, ALLORA NON LAVORAVO  PURTROPPO NON AVEVO LA POSSIBILITA  DI COMPRARLO .
NEL BEL MEZZO DELLA CONTENTEZZA CI ARRIVA IN FAMIGLIA COME UNA MALEDIZIONE L'INCIDENTE DI MIA FIGLIA.
IO HO SEMPRE AVUTO UN GRANDE DISPIACERE E PREOCCUPAZIONE PER TUTTI QUELLI CHE SOFFRONO .
ARRIVO AL MOMENTO DI DECIDERE SE DONARE GLI ORGANI DI MIA FIGLIA O NO..
COME POSSO NON ACCONSENTIRE ALLA DONAZIONE,SAPENDO  QUANTE PERSONE STANNO SOFFRENDO PER AVERE UN ORGANO DA TRAPIANTARE ?
DOPO UNA SETTIMANA DI COMA TI VIENE DETTO CHE NON CE L'HA FATTA  E NON CI SONO PIU SPERANZE .
IO HO VOLUTO E DONATO CHE ALMENO I SUOI ORGANI CONTINUASSERO A VIVERE.
ADESSO CHE HO RITROVATO UN SUO ORGANO (IL CUORE) E LO SENTIAMO BATTERE  NORMALMENTE CI RALLEGRIAMO UN PO'.